Il mattino di Pasqua, i cristiani orientali si salutano così: “Cristo è risorto!”, e si rispondono: “Cristo è veramente risorto!”. Questo saluto ricorda quella tomba vuota trovata dalla Maddalena il mattino di duemila anni fa a Gerusalemme, un vuoto che non è l’ennesima violenza su Gesù, ora sul suo cadavere, ma il segno che c’è una pienezza di vita che la morte non può trattenere per sempre. La speranza cristiana non è, come a volte purtroppo è stato presentato, una consolazione promessa di un mondo futuro, in cambio di un’accettazione rassegnata e passiva di questo nostro mondo segnato dal dolore e dalla violenza, ma piuttosto l’annuncio di aver incontrato un uomo la cui pienezza di vita, la cui prassi di giustizia e di comunione con tutti gli uomini, ha vinto la morte, la sua vita, bella buona e felice, non ha potuto essere trattenuta per sempre dalle tenebre del rifiuto e della morte.


I suoi discepoli sono allora uomini e donne affascinati da un maestro così. In fondo ciascuno di noi è alla ricerca di apprendere l’”Arte tra le arti”, cioè l’arte di vivere da uomini, perché noi, e questo ce lo mostra le nostre piccole e grandi “disumanità”, pienamente vivere non sappiamo. Per i cristiani, Gesù è colui che non solo insegna ma comunica questa vita piena. E non una vita qualunque, ma una vita che gusti qualcosa che è già oggi è vittoria su ogni morte.  Si può vivere nella prospettiva di una “tomba chiusa”, cioè pensando che ogni cosa finirà, che l’unico senso può essere il “godere” di tutto quello che si può recuperare nell’attesa angosciosa della fine, o nella prospettiva di una “tomba aperta”, dove l’impegno faticoso e la lotta difficile, e tuttavia imprescindibile, di essere un po’ di più uomini, di crescere in umanità, è sostenuta dalla speranza che l’Amore, e non la morte, avrà l’ultima parola sulla nostra vita. Un autore spirituale raccontava, a proposito delle “prove” sull’esistenza dell’anima, che l’unica che lo avesse mai veramente convinto, era ciò che aveva sentito raccontare di un monastero dove una giovane monaca era stata mandata ad aiutare un’anziana monaca malata e che aveva perso la fede. L’anziana la trattava male e le diceva di tutto, mentre la giovane, in silenzio, continuava a servirla. Dopo alcuni mesi, l’anziana donna le disse” “sai, io credo”, e di fronte allo stupore della giovane continuò: “sì, perché io ho visto come tu mi hai voluto bene in tutto questo tempo, nonostante il mio trattarti male” e aggiunse: “io credo che un amore così non può andare perduto”.