Subito dopo carnevale inizia per i cristiani, quest’anno il 17 febbraio, il periodo della Quaresima. Il nome non attrae, e ricorda in genere qualcosa che ha a che fare con penitenze, digiuni, volti tristi, robe di altri tempi e oggi poco attraenti. In realtà, la tradizione cristiana ha voluto proporre una preparazione alla grande festa della Pasqua, un tempo di essenzialità per ritrovare e saper distinguere ciò che è più importante da ciò che lo è meno, e soprattutto per ritrovare se stessi, o almeno per tentarci.


Nel brano del vangelo proposto il mercoledì delle ceneri, Gesù riprende un insegnamento che appartiene all’ebraismo del III sec. a. C.: “su tre cose il mondo sta: sulla Torà, sul culto e sulle opere di misericordia”. La nostra esistenza poggia su tre colonne: il digiuno, preparatorio allo studio della Torà, con la nostra relazione con le cose, il culto, la preghiera come relazione con l’istanza ultima della nostra vita, Dio per chi crede, la propria coscienza per chi no, infine l’elemosina come rapporto con gli altri. Sono queste le tre colonne su cui il “nostro mondo” sta. Sappiamo però che le relazioni sono qualcosa di vivo, e sempre minacciate dalle spinte del disordine, della superficialità, della stanchezza, della perdita di senso, dall’egoismo.
“Ritrovare se stessi” è dunque un impegno al quale siamo chiamati tutti attraverso la cura della nostra esistenza. Questa “opera”, per i cristiani, si chiama conversione, un evento mai compiuto una volta per tutte, cammino di liberazione dalle malattie della relazione che spingono accumulare beni e potere senza l’altro e contro l’altro, che spingono ad idolatrare il proprio io usando e abusando di coloro che ci sono accanto. Malattie portatrici e generatrici di morte.
I cristiani credono che in questo impegno di ritrovare il proprio volto, di cercare di vivere relazioni più vive e autentiche, non si è soli, la quaresima indica la pasqua dove ci viene annunciato ancora che l’Amore vince ogni morte, unica speranza alla nostra vita.